| OPERA 59SAPONE FATTO IN CASA
 (80x60) 1982
 Descrizione Storia di una bimba, o Storia di Vestitino Rosso, potrebbero 
					essere intitolati i quadri della Scipione. Lei registra e 
					ricorda ogni momento di vita rurale; ciascuna azione, 
					ciascun «rito» è puntualmente descritto con ricchezza di 
					particolari sempre nuovi, sempre pertinenti, scandito con 
					perizia ineguagliabile. E paiono mutuati da certe tavole 
					tardogotiche, da certi affreschi del primo Quattrocento, i 
					particolari minuti sul fondo, una treggia in sosta, dei 
					polli che razzolano. E i fondali, ormai, li conosciamo: 
					un'ebbrezza di colore estenuata in desideri di cielo.
					  Nomenclatura-folk La tecnica del sapone è stata un'acquisizione socio-culturale della 
					massima importanza nella civiltà umana. Il quadro presenta 
					con verismo, non privo di poesia e d'interesse storico, le 
					varie fasi di una lavorazione casalinga che occupava due 
					giorni interi, sotto la guida di un esperto «sapunare»: 
					anche sbagliare un solo dettaglio, poteva compromettere 
					tutto. A quasi un secolo dagli avvenimenti, ad Azzinano 
					ancora si raccontano i salaci commenti su «zi' Necole», 
					bravo artigiano del luogo, che proprio in casa del Marchese 
					di Tossicia, per macchinazioni d'invidiosi, ebbe 
					l'infortunio che alla fine il sapone non volle rapprendersi: 
					«nen se vulose accumpagnà e nen vozze sentì vinte!» = non ci 
					fu nulla da fare! Nel primo giorno si predisponeva l'occorrente: caldaio, legna 
					stagionata, grassi animali e grassi vegetali (spesso 
					avariati) e inoltre si preparava una densa lisciva a base di 
					cenere (lu furte); solo in mancanza di cenere si ricorreva 
					alla soda caustica, che aveva l'inconveniente di produrre un 
					sapone duro e talora irritante. Nel secondo giorno la 
					miscela era fatta bollire per sei ore consecutive, mossa 
					continuamente col bastone (avvisichì) per facilitarne 
					l'amalgama e per evitare che fuoriuscisse sull'orlo del 
					caldaio. Nella tela una donna sta provando sul piatto se il 
					sapone si rapprende, e l'altra col bastone prova se 
					l'amalgama fa sfilacci colanti (li ciarrìje) e il velo 
					(scolatura uniforme in senso orizzontale); in caso 
					contrario, si aggiungeva della lisciva. Nel giorno di 
					cottura del sapone «si lavava la faccia a S. Martino» (!) = 
					s'arlaveve la facce a Sante Martine, ossia, lo si onorava in 
					modo eccezionale; infatti, invece di dire per una sola volta 
					Sante Martine! come di solito quando in una casa si trovava 
					che si stava facendo il pane, formaggio, ecc., per il sapone 
					bisognava ripetere per tre volte: Sante Martine!, a cui 
					sempre si rispondeva: Bommenjute!, e ordinariamente si 
					offriva un bicchiere di vino. Omettere un tale saluto era 
					considerato come segno d'invidia o di una qualche ruggine.   |