| OPERA 49TESSITURA IN CUCINA
 (80x60) 1980
 Descrizione Come si fa a non ritornare alle evocazioni più calde della nostra età 
					verde, quando tutto, dai mattoni sconnessi alla resta delle 
					cipolle, dai caci ad essiccare al telaio instancabile, tutto 
					era caldo e buono e corroborante, e i sonni profondi premio 
					d'una giornata bene spesa, ciascuno aveva il suo compito 
					preciso, e i giuochi erano davvero spensierati anche nel 
					chiuso della grande cucina? Ogni cosa sfavilla di colori 
					vivaci che son come un esorcismo nell'oggi controverso, la 
					sottile perizia di quell'impiantito controluce, il bianco 
					del telaio, il verde della tovaglia, e il maiale squartato e 
					imponente con l'eco di Rembrandt, di Annibale Carracci e di 
					Guttuso, non sembri un'eresia. La Scipione è ormai più 
					«colta» di quanto voglia sembrare, non bisogna farle vedere 
					più nulla, neppure una riproduzione su un settimanale, 
					perché riesce immediatamente a captare le trovate altrui e 
					ad inserirle con tecnica ineccepibile nella propria sintassi 
					composita.   Nomenclatura-folk Come un angolo della stalla diveniva il laboratorio per gli uomini nella 
					brutta stagione, così per le donne lo diveniva un angolo 
					della cucina. Quando era necessario tessere in altro locale, 
					si rimediava con un braciere (lu vracire) per rendere 
					i fili più scorrevoli e le dita più agili. Nel quadro la finestra appare momentaneamente aperta perché il camino 
					minaccia fumo per il cambiare del vento. Sul tavolo risalta 
					la tovaglia a colori (lu bancare), fatta in casa come 
					l'abito della nonna e delle due nuore. In primo piano una 
					donna aziona l'arcolaio (lu vìnnele), ricavandone i 
					rocchetti o spagnole (li cannucce) da inserire nella 
					spola per la trama della tessitura; col medesimo attrezzo si 
					confezionavano i grossi cannelli per l'ordito, lungo quanto 
					l'intera tela. La matassa (la fazze) era stesa in 
					piano su croce girevole con fori e pioli mobili (la 
					spennalle); con i Longobardi entrò in Abruzzo il bindolo
					(lu vìnnele), attrezzo più duttile e ingegnoso, 
					costruito con assicelle incrociate e dilatabili col semplice 
					tiro di una corda centrale secondo l'ampiezza della matassa, 
					e girante sulla punta di un'asticella fissata su pietra o 
					legno pesante. Le parti 
					essenziali del telaio erano: la solida base di quercia, tre 
					subbi o cilindri, di cui due sul piano per la trazione 
					dell'ordito e l'altro sottostante per l'avvolgimento 
					progressivo della tela; pendenti da sovrastante traversa 
					erano i bilanceri (li crullatte, dette anche li 
					caccinalle = cagnette) che servivano ad azionare i licci
					(li licce) in ascesa/discesa mediante la pressione 
					degli alluci sulle apposite leve della pedaliera (la 
					pedacchie); la cassa con il pettine, per comprimere il 
					filo della trama mediante uno o due colpi caratteristici, 
					che solevano distinguere e qualificare la valentia della 
					tessitrice; due pesi laterali fermati con spillo ai margini 
					della tela per mantenerla in tensione, ed infine la spola 
					(la trìjuve), ultimo testo di prova dell'abilità e della 
					sveltezza di una ragazza.   |