OPERA 14
MUCCHI SULL'AIA
(70x50) 1974
Descrizione
È passato un altr'anno e in quest'episodio ritorna la
sintesi più felice di memoria e di poesia, con una tavolozza
che brilla in ogni particolare, con l'incanto dei rami verdi
che contrastano gli stolli nudi del fieno, con il rosso
surreale dell'aia e le figure ben vive e meglio distribuite,
con quel cielo magnifico che già cela un presagio d'autunno,
se già si ficcano le canne nei mucchi, se già gli aurei
mantelli di paglia li coprono per le uggie dell'autunno,
contro le nevi dell'inverno. E in quelle strabilianti
pennellate vermiculari è una caparbia gioiosa sapienza,
avrebbe incantato anche Segantini.
Nomenclatura-folk
I contadini stanno eseguendo un lavoro non gravoso, ma accurato: si
tratta di riparare il fieno e la paglia dalle intemperie e
dalla muffa. Mentre il primo a sinistra in alto applica le
canne, in fondo alla scala il gatto ha fiutato qualcosa e va
curiosando sul canestro; più lontano, altro contadino taglia
il fieno sul mucchio prelevandolo a «pataracchie» (sezione
di taglio sufficiente per un pasto). Mediante la forca una
donna stende la mannella o manipolo di paglia «lunga»,
ottenuta in estate sbattendo le spighe contro una tavola. La
protezione della paglia lunga copre il mucchio fino alla
parte più larga; così, le rare eventualità di piogge-a-vento
non sogliono arrecare danni.
La stesura
dello strato protettivo sul mucchio avveniva mediante
robuste canne orizzontali fissate con cannucce «a forcìna»
(piegate a caldo ancora verdi) che penetrano in profondità;
a questo scopo si usavano anche ramoscelli di ginestre, dal
gambo reciso a sghembo o appuntito, con i rametti di base
parzialmente recisi e quelli della chioma lasciati intatti:
conficcati come arpioni nel mucchio, con le cime si legavano
e si stringevano le canne orizzontali. Verso gli anni trenta
nel teramano si diffuse un apposito strumento ricurvo (la 'nginalle),
consistente in un ferro ricurvo munito di manico, con la
punta schiacciata e recante un foro; conficcandolo in
profondità fino a farlo riemergere in prossimità della canna
da legare, vi si infilava un vimine o altro legaccio che
veniva a riemergere al ritiro dell'uncino e consentiva un
nodo di buona tenuta.
|